Racconto di Claudio Righenzi
(Prima pubblicazione)
Non c’è distanza che possa farmi dimenticare di te.
(Anonimo)
«Ma tu hai capito che cosa è successo ieri sera, Sandy?»
«Io no, Muick, però mi pare qualcosa di grave.»
«Una cosa che ha cambiato la nostra vita, ma non riesco a spiegarmi perché.»
«Credo sia una svolta importante: temo che niente sarà più come prima.»
«Sarebbe un vero peccato, andava tutto così bene. Eravamo contenti di stare con lei: è sempre stata affettuosa con noi e ci vuole bene. Come noi ne vogliamo a lei, la nostra signora.»
«Quando Emily, la sua governante, è entrata con la solita tazza di tisana e si è messa a gridare, mi sono spaventato. È corsa fuori a chiamare aiuto e in pochi minuti la camera si è riempita di gente. C’era chi gridava, che piangeva e chi cercava di rendersi utile, senza sapere esattamente cosa fare. Io li guardavo e mi sembravano tutti matti. Uno che pareva esperto si è chinato su di lei e ha cominciato a massaggiarla sul petto. Un altro che non avevo mai visto si è attaccato al telefono, rosso in viso e concitato. Finché è arrivato Clyde a prenderci e portarci fuori e non ho più visto nulla.»
«Un vero peccato. Si stava così bene con lei, al calduccio.»
«Hai ragione, Muick: da qualche giorno avevano alzato la temperatura del riscaldamento nella camera ed era una meraviglia.»
Dalla sera precedente la quieta vita del castello era impazzita all’improvviso.
Un viavai di personaggi aveva iniziato ad affollare le varie stanze e il panico del primo momento aveva lasciato posto a una efficienza silenziosa: ognuno aveva il proprio compito da svolgere, nessuno lasciava trasparire emozioni. Alcuni individui vestiti di nero, con l’espressione accigliata, erano rimasti a lungo nella camera da letto della signora, uscendone poi seguiti dal suo segretario personale.
Nessuno parlava, solo Emily seduta in un angolo, dimenticata da tutti, continuava a piangere.
Seduti su un divano, in un angolo del grande salone delle feste, Sandy e Muick erano intenti ad osservare quanto stava accadendo intorno a loro, mentre Clyde, accanto a loro, aveva lo sguardo cupo e pensieroso.
A un’ora tarda della notte, era giunto il figlio della signora che, passando davanti ai due, non li aveva degnati di uno sguardo, nonostante avessero manifestato il loro benvenuto con affettuosità, dopo averlo riconosciuto.
Al mattino, erano arrivati i soldati in alta uniforme, impettiti nelle loro giubbe rosse, che si erano sistemati a presidiare la porta di accesso e a controllare tutti quelli che entravano o uscivano.
«Li trovo abbastanza antipatici, Sandy, impalati sull’attenti con la faccia cattiva. Hanno controllato persino il nostro amico Clyde, che faceva solo il suo lavoro e voleva portarci a passeggio, appena dopo che ci siamo svegliati.»
«Che, tra l’altro, non mi piace per nulla dormire sul divano. Era molto meglio stare da lei, sul lettone.»
I due continuavano a osservare il loro mondo, al quale erano abituati da anni, che era improvvisamente cambiato. La quotidiana placida routine, organizzata sui ritmi lenti della signora, era stata stravolta dalla agitazione collettiva. Dopo essere stati per anni al centro dell’attenzione, ora sembrava che a nessuno interessasse più di loro.
Si stava organizzando qualcosa e aspettavano di vedere cosa sarebbe stato.
«Sono due giorni che non ci portano da lei, Sandy: non lo trovi strano?»
«Molto strano Muick, non era mai successo, tranne quando partiva per uno dei suoi viaggi. Ma è da tanto tempo che non ne fa più. Io non l’ho vista uscire.»
«Io nemmeno. Chissà cosa sta facendo…»
«Forza voi due fannulloni, andiamo!» La voce imperiosa di Clyde li aveva presi di soprassalto e il tono non ammetteva repliche, «adesso ci trasferiamo da un’altra parte, ma prima dovete farvi belli.»
Nel retro delle scuderie li attendeva l’uomo addetto alle loro cure, una serie di operazioni che i due odiavano. Alla fine ne uscirono puliti e lucenti, pronti per quello che li attendeva. Clyde li fece salire in auto e partì, accompagnato da uno di quei soldati antipatici. Dopo un tempo che a loro parve infinito, arrivarono a destinazione.
«Hai visto dove siamo arrivati, Sandy? Siamo proprio in prima fila, da qui si vede alla perfezione. Ma quanta gente c’è?»
«Tantissima, Muick, non ne ho mai visto così tante persone insieme. Il viale e le strade intorno sono piene e le transenne riescono a fatica a contenere questa folla. Ci sono poliziotti ovunque. Sembra che stiano aspettando qualcuno e deve essere molto importante: sono tutti così seri. C’è un silenzio che fa quasi paura.»
Posizionati sui gradini della cappella, in posizione elevata, riuscivano a vedere la formazione del corteo che stava preparandosi a partire, laggiù in fondo al viale. Tutto sembrava obbedire a una regia perfetta, seguendo un protocollo definito.
«Hai visto quella macchia nera là di fronte a noi? Non ti sembra Emma?»
«Si, la vedo, lei non manca mai. Ha la bardatura delle occasioni importanti, ma perché quel soldato la tiene alla cavezza? Dovrebbe arrivare con lei in groppa. Come al solito.»
«Zitto, chiacchierone. Stanno per muoversi!»
Un silenzio drammatico scende sulla folla, mentre iniziano a sentirsi le musiche delle cornamuse e il battere cupo dei tamburi. Davanti a tutti arrivano i soldati a cavallo e il suono incalzante degli zoccoli sull’asfalto scandisce il ritmo lento del corteo.
«Sono tutti in alta uniforme, Sandy, hai visto?»
«Dev’essere una cosa importante, Muick. Quindi adesso dovrebbe arrivare lei: in queste occasioni non manca mai.»
«Speriamo, magari ci vede e ci viene a prendere. A me piace un sacco sfilare con lei, davanti a tutta la gente che applaude e saluta. L’ultima volta che l’abbiamo fatto mi ricordo che lei si era persino commossa.»
«Anche io adoro camminarle a fianco: mi sento così importante. Non sai che emozione mi prende!»
«Sei una vanitosa, Sandy!»
«Che spettacolo, Muick: non ho mai visto un corteo così solenne. Saranno centinaia, credo. Mai vista una cosa simile. Guarda laggiù: sta arrivando un carro nero, enorme, trainato dai marinai. Sopra si intravede qualcosa, ma non capisco cosa sia, sembra una grande scatola. È coperta da una enorme bandiera blu, rossa e gialla. Chissà cosa c’è dentro? Ecco che arriva tutta la famiglia, appena dietro, riconosco tutti i suoi figli, con mogli e mariti, e anche i nipoti, compreso il ribelle con l’americana.»
«Ma lei dov’è?»
Che la Regina Elisabetta II avesse un rapporto speciale con i suoi cani di razza Corgi era noto: nei suoi 70 anni di regno ne ha posseduti oltre una trentina. Due di loro, Muick e Sandy, erano sul suo letto, nel Castello di Balmoral, nelle ultime ore di vita e pare proprio che abbiano assistito la loro amata padrona nel momento della morte, la notte dell’8 settembre 2022. A riferirlo sono state fonti ufficiali di palazzo.
Le foto di Muick e Sandy in attesa della loro padrona sulle scale della cappella del Castello di Windsor e anche di Emma, la cavallina nera, in attesa sul ciglio della strada dove è passato il funerale, hanno fatto il giro del mondo e hanno commosso tutti.
-°-
https://www.morellinieditore.it/books/effetto-cuore/
Scrivi un commento