Racconto di Ambrogio Bozzarelli

(Quarta pubblicazione)

 

Finalmente era giunto il giorno del silenzio.

Dopo dibattiti, incontri con i cittadini, riunioni con i propri sostenitori, scontri verbali con tutti gli altri candidati che correvano per la nomina di sindaco, beh, il “ tutti” forse era un po’ esagerato, in quel paese di neppure 100 abitanti si erano sfidati per la nomina a sindaco solo in tre: lui, il vecchio Ostani  e il barbuto Filippi; e comunque l’indomani sarebbe arrivato il tanto atteso giorno della votazione per il ballottaggio.
Nonostante la tensione, più che ovvia visto che alla prima tornata di votazioni era stato sopravanzato da Luigi Ostani , il concorrente più agguerrito, di soli dieci voti, lui aveva passato una notte abbastanza tranquilla. Adesso però, davanti alla sua quotidiana tazza di caffè latte preparatagli dalla moglie, si accorse di quanto poco ferma fosse la sua mano nello spalmare la marmellata sulla fetta biscottata.
«Sai, non credevo, ma questa battaglia mi ha un po’ affaticato».

Ada lo osservò scrollando un poco la testa. Era una donna ancora bellissima, più giovane di lui di circa 5 anni. Avevano avuto due figli Carlo di 10 anni e Luisa, la più grande di 15. Luisa assomigliava alla mamma: bionda, slanciata, con un corpo che attirava gli sguardi di tutti i maschietti, gli occhi identici a quelli della madre tendenti al verde, un sorriso sempre pronto e tanta, tanta voglia di vivere. Carlo, invece, era un quasi pingue, il viso rotondo con gli zigomi un po’ troppo larghi. Non assomigliava certo alla madre, ma neppure al padre: Antonio Marcotti era alto, magro, occhi scuri, neri come ancora nerissimi erano i suoi ricci folti capelli, nonostante ormai avesse superato i 60 anni. Era stato un giocatore di pallavolo, aveva militato, senza infamia né lode nella squadra della sua città.
Il sole brillò sulla lama del coltello mentre raccoglieva dal vasetto un po’ di quella buonissima marmellata di albicocche che sua moglie ogni anno preparava con cura.
« Oggi lasciate in pace papà, che è un po’ stressato» disse Ada rivolgendosi ai figli che, in quel sabato, anche se di pre- elezioni si aspettavano, come ogni fine settimana, di andare al grosso nuovo supermercato. Era stato inaugurato i primi di ottobre di quello stesso anno nella città vicina e in un’area limitrofa all’aperto, erano state installate anche delle giostre.
Proprio la costruzione di quel parco giochi con annessi negozi e ipermercato era stato un elemento fondamentale di discussione politica durante la campagna elettorale. Ostani sosteneva, con forza, la necessità di un enorme plesso commerciale nella loro città, secondo Marcotti, invece, non aveva senso in quel piccolo paese: lui era più propenso a favorire il commercio dei piccoli negozi.
Marcotti fissava il contenuto della tazza dimezzarsi visibilmente, infatti, il caffellatte veniva assorbito dalla quarta fetta biscottata e intanto pensava:“Dieci voti soltanto; soltanto dieci voti”.
Si conoscevano tutti lì in paese. Ed era sicuro, praticamente al 100% di sapere a chi appartenessero quei “dieci voti”.
Chiuse la confezione delle fette biscottate, fissò il coperchio ben stretto sul barattolo in vetro della marmellata, e finì di bere quel poco caffè latte rimasto nella tazza.
Ne aveva parlato con il suo più diretto collaboratore, Gianluigi ancora la sera prima. Una cosa, oramai era assodata: i cittadini, compresi quelli che avevano votato per Filippi, l’indomani avrebbe votato la metà per lui, l’altra metà per Ostani. Ma quei dieci avrebbero continuato a votare il loro candidato. Avevano provato di tutto per cercare di convincerli a cambiare idea. Gianluigi, alla fine, era stato categorico: «Marco guarda, non c’è niente da fare, sono irremovibili; magari bisognerebbe trovare per loro qualche buon scheletro nell’armadio e chissà forse riusciremo a fargli cambiare idea».

“Soltanto dieci voti”; e pensare che tra quei dieci non c’era neppure Ostani: lui, da sempre, lo aveva sostenuto ed era davvero il tipo che manteneva la parola, aveva dichiarato che mai avrebbe votato per se stesso. E neppure al ballottaggio: era un suo punto di forza quello di farsi vedere così spavaldo, sicuro di vincere e sempre sprezzante nei confronti degli avversari. E Marco, come tutti gli altri cittadini, sapeva che senz’altro Ostani non avrebbe mai votato per sé.
“ Soltanto dieci”.
Si prospettava un’altra amara sconfitta. La luce del sole riflessa sulla lama del coltello lo colpì violentemente agli occhi, tanto che dovette portarsi la mano, sopra di essi, a protezione.
Si alzò dalla sedia, mise il coltello dentro la tazza vuota e portò il tutto nel lavandino, aprì il rubinetto e iniziò a lavare:
«No cara, stai tranquilla, non sono stressato, oramai quel che è fatto è fatto, e comunque non è detta l’ultima parola».
«Ma Marco, non vorrai mica… oggi è il giorno del silenzio!». Ada era un po’ preoccupata, non voleva che il marito commettesse qualche scorrettezza, proprio lui, lo aveva sempre considerato un uomo serio, integerrimo e rispettoso delle leggi, almeno per quanto riguardava i rapporti sociali; per quel che, invece, era il suo comportamento sentimentale lei nutriva qualche dubbio.
Asciugato il coltello lo ripose nel cassetto e si rivolse verso la moglie con un sorriso:
«Ma figurati, cosa pensi, no, in fin dei conti abbiamo fatto il possibile, e chissà può anche darsi che Margotti, Giranti, lo stesso Filippi e gli altri potrebbero cambiare idea, anche loro hanno il nostro ultimo programma e, detto tra di noi, è senz’altro migliore di quello di Ostani!».
«Figuriamoci, la Margotti!», sbottò Ada «Quella mezza troietta…».
Non continuò, non ce n’era bisogno: Marco sapeva. Lucia Margotti era stata una sua antica fiamma. Era una attraente donna, dai capelli corvini e gli occhi scurissimi, un corpo quasi da modella. Si erano frequentati per tre anni prima che lui conoscesse Ada. Poi, soprattutto dopo il matrimonio, la Margotti aveva iniziato a denigrarlo e durante la campagna elettorale era stata di una cattiveria tale da rasentare la denuncia penale. Ada lo aveva sollecitato in tal senso, ma lui aveva risposto con sufficienza, una alzata di spalle: «Lasciala blaterale, anche gli altri conoscono lei…». Ada non aveva accolto la spiegazione con serenità, il sospetto che al di fuori dell’ideale politico ancora ci fosse qualcosa tra loro due non le dava pace.
«Chissà» Marco quasi sussurrò, per poi riprendere con il suo solito tono: «E comunque sarà quel che sarà, adesso non fasciamoci la testa prima del tempo» poi rivolto ai figli:
« Luisa, Carlo, preparatevi che andiamo al supermercato».
« Davvero papà?» Carlo a voce alta, non sapeva trattenere la felicità; Ada si intromise:
«Bene, allora ti faccio una piccola nota e tornate per l’una che oggi ci sono i ravioli».

La mattinata passò velocemente. Per i ragazzi furono ore di allegria. Il padre, quel giorno, a differenza di ogni altro sabato, non chiese loro di aiutarlo negli acquisti ma concesse di andare subito a giocare nel parco giochi. Così, durante tutto quel tempo Marco, oltre a riempire il carrello della spesa, non solo era lasciato libero dall’incombente di seguire i figli ma soprattutto avrebbe potuto telefonare senza che questi potessero, anche magari solo inavvertitamente, ascoltare qualche sua chiamata privata. L’idea gli era venuta durante il tragitto in auto. Doveva trovare uno sfogo, in effetti Ada aveva ragione, si sentiva un po’ stressato.
Per primo aveva chiamato Gianluigi: dovevano assolutamente vedersi nel pomeriggio. Era urgente parlarsi, fare in modo di telefonare a diversi loro sostenitori. La situazione era precipitata: Ada era all’oscuro di tutto, ma il partito era sull’orlo della bancarotta e tutto si sarebbe accomodato solo se fosse stato eletto sindaco. Gianluigi gli comunicò la notizia che Filippi aveva deciso proprio in mattinata, che avrebbe votato per lui.
“ Solo nove”; si sentì più baldanzoso. Guardò l’ora, le 11,30; c’era ancora tempo, la lista della spesa era stata completata, i ragazzi ancora giocavano per i fatti loro, per arrivare a casa con l’auto bastava mezz’ora.
Compose il numero.
« Ah, sei tu, sai, me lo aspettavo…» quella voce dolcissima soffusa e carica di sensualità.
«Ciao Lucia,scusami, ma vedi…» era un po’ titubante, come sempre ogni volta che finiva per contattarla.
«Ecco, vedi, domani c’è il ballottaggio…».
«Ah,e allora? Vorresti parlarmi di politica!». E, in quel modo di esprimersi, lui sentiva che lei sapeva anche esser crudele ma la sensazione durava solo un attimo, perché subito rivedeva il suo corpo nudo, quelle bellissime forme che sensualmente si muovevano sul letto, le sue lunghe braccia aperte pronte ad accoglierlo, il sorriso e poi il suo profumo, il profumo del sesso.
«Ti prego no, no, volevo solo un po’ stare così, insieme.».
Una squillante risata lo colse impreparato.
«Eh, la tua Ada non ti basta mai vero? Abbi il coraggio di ammetterlo, hai sempre preferito me.» ancora una risata ma questa volta si sentiva tutto il sarcasmo nelle parole.
« Senti Lucia! Adesso …» iniziò con forza e rabbia, ma sapeva che non sarebbe riuscito ad andare oltre.
«Lo so, lo so, ti conosco troppo bene»  una lieve pausa per poi continuare, « ma oggi pomeriggio io ho da fare e certamente anche tu, ti dovrai un po’ preparare bene per domani no? Allora facciamo stasera, verso le nove, la scusa buona tanto ce l’hai, la politica innanzi tutto!>> e così dicendo chiuse la comunicazione.
Il pranzo si svolse in una atmosfera, a tratti, irreale. Mentre i due ragazzi raccontavano con foga alla madre le loro avventure di gioco con i nuovi amici conosciuti in quel grosso centro commerciale, Marco mangiava in silenzio con una lentezza esasperante, quasi fosse uno chef durante gli assaggi per tastare la consistenza del piatto da portare a tavola.
« Non ti piacciono oggi i ravioli?» Ada quasi si vide costretta a chiedere.
«Oh no, scusami, no, anzi sono super buoni» a giustificarsi come un bambino, colto alla sprovvista nell’atto di compiere una marachella, poi presto però si riprese e disse « Il fatto è che sai in realtà avevi ragione: il risultato di domani per me è molto importante. E continuo a pensarci. Ah,a proposito: questa mattina quando ero al supermercato mi ha telefonato Gianluigi e, oggi pomeriggio e poi anche stasera, passerò il tempo con lui in sede. Pare anche che ci siano delle buone novità rispetto a quei dieci votanti», finalmente aveva finito i ravioli.
Ada aveva portato in tavola il vitello tonnato: «Pensi di venire a cena o fai come le altre volte che rimani là?». Non si era mai interessata alla politica, a differenza di Lucia amava la vita della casalinga, era, si sentiva e spesso lo diceva: “una donna all’antica”. Forse l’aveva sposata proprio per quello.
«Ma, sinceramente penso proprio di sì, e temo che questa volta finirò anche per tornare tardi, dovremo lavorare ancora tutta la notte» e mentre tagliava la carne: «Questi» sollevando il coltello verso l’alto «non tagliano più tanto bene come una volta ».
«Però come in quel western che hanno dato ieri alla tv potresti far fuori il cattivo!», subentrò con foga nel discorso Carlo, ed il pranzo terminò con una lunga discussione critica sul film.
Quel pomeriggio, verso le 16, dopo un breve pisolino di mezz’ora Marco, raccolti dalla scrivania una serie di fogli contenenti appunti, li infilò alla rinfusa nella cartella di cuoio. Indossata la giacca a vento rossa raggiunse la moglie che nella sala, si apprestava a fare l’albero di Natale, mentre i figli tiravano fuori dalle scatole tutti i pastori per preparare quello che, gli altri anni, era suo compito esclusivo: creare un sempre nuovo e originale presepe. Un bacio veloce ad Ada, una osservazione per i figli «Aiutate la mamma, mi raccomando» e poi via, con l’auto, alla sede del partito.
Con Gianluigi spulciarono per l’ennesima volta la storia di quei nove voti “sicuri” per Ostani.
«Ma guarda, e sino ad ora non ce n’eravamo accorti! » Gianluigi passando un foglio a Marco «II farmacista, vedi? Lo sapevo che aveva qualcosa da nascondere! L’ affitto in nero a carico di quel povero Loriani!»
«Otto, sì! Sono rimasti solo in otto. Forse troviamo qualcos’altro dai!». In Marco si stava riaccendendo un po’ di speranza, e poi più tardi c’era Lucia…
E continuarono a spulciare e continuarono a trovare.
Nel frattempo in casa Carlo, che era andato nella saletta piccola, a prendere dentro un capiente baule in legno di noce le luci da mettere nel presepe, tornò precipitosamente in sala:
« Mamma, mamma, papà si è dimenticato il cellulare qui!»
Ada sorrise,« il solito distratto» e continuò con cura a posizionare le palline sull’albero.
Erano le 20, Gianluigi era già andato a casa, Marco richiuse il piccolo taccuino nero ove aveva preso appunti. Sorrideva mentre chiudeva a chiave la porta della sede.” Solo due ”.
Un’ora dopo aveva suonato al citofono di Lucia e come ogni altra volta si era accomodato in auto ad aspettarla. Da quando avevano ripreso la loro relazione evitavano il più possibile di farsi vedere insieme, il paese era piccolo, tutti si conoscevano e le voci giravano in fretta. Lui aveva ereditato un piccolo isolato casolare di campagna, situato su di una collina ad una ventina di chilometri di distanza dal paese. Con la sua famiglia ci era andato pochissime volte: non piaceva ad Ada e i figli, lì da soli, non si divertivano. Avevano parlato spesso di venderlo ma adesso lui benediva la scelta di non averlo mai fatto.
Eccola bellissima, come sempre, provocante in quell’abito nero attillatissimo che esaltava le sue splendide curve. Salì in auto, una ventata di profumo, un sensuale bacio appassionato e poi via verso la collina.
Un’ora dopo Marco, pulita ogni traccia di sangue dal coltello, aprì il piccolo taccuino nero, sorrideva: “Ora solo uno”, aveva ancora tutta la notte a disposizione e tracciò una riga con la penna a cancellare un nome: “Lucia”.

-°-

https://www.amazon.it/Realt%C3%A0-celata-Ambrogio-Bozzarelli/dp/8887730377

https://www.amazon.it/Una-storia-sbagliata-Ambrogio-Bozzarelli/dp/8899759146