Racconto di Lucia De Bortoli

(Quarta pubblicazione – 31 luglio 2019)

 

– Ciao papà! Sei in ritardo! Dobbiamo andare via subito! –

Eric aveva appena messo piede dentro casa, che suo figlio aveva già la divisa e il borsone pronto per andare all’allenamento.

Aveva fatto tardi al lavoro per una di quelle noiose e inutili riunioni organizzate solo per incrementare l’autostima tra i responsabili degli uffici.

– Mike, lascia che mi cambi almeno, non mi piace farmi vedere in divisa.

– Ma sì, papà, vieni via così. Non ti nota nessuno.

Una divisa militare non è mai passata inosservata e ad Eric ora dispiaceva essere guardato.

Da giovane ne andava fiero e la usava per far colpo sulle ragazze, ma ora che aveva superato i 50 il fisico non era più così asciutto, preferiva non essere notato. La tartaruga che aveva quando faceva palestra si era trasformata in una cimice sovrappeso e quel bel fondoschiena sodo ora annegava tra il vuoto dei pantaloni cadenti. Sua moglie non dava importanza alla cosa, anzi era felice che finalmente anche lui non fosse più attraente, come lei non era mai stata.

L’esasperata gelosia e i continui controlli ad ogni ora, invece di avvicinarli li aveva allontanati.

Il loro matrimonio era diventato una convivenza tra estranei, legati entrambi solo dell’amore per quell’unico figlio senza il quale si sarebbero distrutti a vicenda.

– Anche questo allenamento – pensò Erik – non sono sufficienti i suoi, ora viene chiamato anche per la categoria superiore -.

La cosa disturbava lui, più che suo figlio, perché doveva rinunciare alla partita di calcetto con gli amici. Unica sua serata libera.

Mike scese di fretta anche se erano in largo anticipo e lui si avvicinò all’entrata con passo lento, pronto ad osservare per due ore un allenamento incomprensibile.

Mentre armeggiava con il cellulare, facendo attenzione a non inciampare, alzò lo sguardo per un attimo.

Marika.

Lei, con il suo sorriso luminoso, gli occhi ingenui e il capello sbarazzino di sempre. Una donna che non voleva crescere, sportiva, dinamica. Un insieme di femminilità prorompente in una fanciullesca semplicità.

Ricordava tutto.

Gli sguardi che si incrociavano ogni mattina mentre accompagnavamo i figli a scuola, quel biglietto che lui le lasciò sul cruscotto dell’auto “Se vuoi sapere il meteo di domani chiamami”, le prime telefonate, gli incontri per un caffè, poi l’amore, poi il dolore.

Tutto in pochi mesi, ma il ricordo era sempre vivido. Entrambi già sposati non dovevano, non potevano, non avrebbero dovuto. Lei mise la parola fine a tutto.

Si erano rivisti altre volte, per caso, due parole, un freddo saluto ma sguardi eloquenti colmi di ricordi e di passione. Il fuoco non si era mai spento.

Erik non aveva mai smesso di pensarla nemmeno quando Marika lo aveva umiliato. Lui la conosceva bene, lei non era così, stava cercando di proteggersi da sé stessa.

Per un attimo infinito i loro occhi si guardarono, entrarono uno nell’altro e si videro ancora come tanti anni prima.

– Ciao Erik, anche tu qui? – non serviva chiedere come procedevano le loro vite, lo sapevano già. Non importava neppure parlare. Era già stato detto tutto.

– Ciao Marika, sì, sono qui per Mike.

Erik le passò accanto, neanche la sfiorò, ma sentì il suo profumo, la sua pelle. Accolse ogni briciola di lei e inspirò l’aria che lei aveva espirato perché le entrasse dentro.

Marika non si mosse, non si voltò.

Nessuno doveva sapere che le loro anime si erano incontrate una volta e non si erano mai lasciate.