Racconto di: Serena Nencioni

(Seconda pubblicazione – 11 marzo 2019)

 

Mi sveglio. È una nuova giornata.

Non faccio più molto, da un sacco di tempo. Niente di più che girovagare da una stanza all’altra, ma solo in certe stanze e in determinati orari.

Non ho molta libertà, oggi come ieri.

Eppure un po’ mi manca la vita di prima. Non solo ciò che ero… non mi è mai interessato il potere, non l’ho mai voluto. Tutto ciò che desideravo nella vita era un po’ di tranquillità.

A volte mi affaccio alle finestre. Lo faccio quando ormai è buio, perché LORO non devono vedermi. Se mi vedessero, si spaventerebbero… e io non voglio.

Dalle finestre vedo la vita della mia città scorrere intorno a me. Beh, non è proprio la mia città, anche se ci vivo da tanti anni e in un certo modo ho imparato ad amarla…

È tutto così diverso ora.

Naturalmente le persone ci ricordano ancora, ma sono quasi indifferenti a questo castello che una volta rappresentava il simbolo del nostro potere. Beh… il potere della famiglia del mio sposo.

Ci sono sempre moltissimi ospiti, in ogni periodo dell’anno. Sono curiosi e vogliono entrare ovunque, finanche nelle prigioni, un posto dove nessuno vorrebbe mai soggiornare, fosse anche solo per pochi minuti.

Per quanto sia incuriosita da loro, però, non posso mai avvicinarmi troppo. Ma spesso li osservo, a distanza: dietro una colonna, in un angolo oscuro… talvolta credono di vedermi, ma io sparisco subito dopo.

Oggi però c’è una novità.

Ho detto che quasi nessuno riesce a vedermi, ed è vero. A volte però alcune persone, per un motivo o per l’altro riescono a percepirmi. Non so mai in anticipo quando potrebbe accadere, ma ogni volta è diverso.

L’ho vista subito, appena entrata. Era entusiasta di quella nuova esperienza, ed era… sola? In tempi così pericolosi viene permesso ad una fanciulla di viaggiare sola?

È tutto così diverso.

L’ho seguita, naturalmente a distanza. L’ho osservata.

Si è accodata ad una visita guidata, anche se ha pensato spesso che la guida dicesse cose inesatte.

Sono così curiosa che, anche se non lo faccio mai, mi avvicino anch’io.

“Non era affatto come si pensava… il popolo finì per amarla, e alla fine furono proprio loro a riabilitarla…”

Oh, sì. Naturalmente, come dicevo io non sono nata qui e anzi ricordo la mia città natale con molta nostalgia… ma queste persone… inizialmente li credevo freddi e poco empatici, ma mi hanno sorpresa. In positivo.

Una persona chiede se è vero che avvelenavo le persone. Già… leggende, calunnie, vecchie storie.

La ragazza alza gli occhi al cielo, ma la guida risponde di no, che tutto ciò che di me si crede vero è stato scritto da uomini… nulla di più sacrosanto.

Non mi può vedere, credo, ma se potesse farlo scorgerebbe un’intensa somiglianza fra me e i ritratti che a suo tempo mi vennero donati. Nulla da dire, ho conservato il mio bell’aspetto, e del resto non poteva essere altrimenti.

Al termine della visita lei esce di nuovo all’aria aperta, come gli altri, affascinata da ciò che ha visto e sentito. Io non posso seguirla, anche se lo vorrei: la mia essenza è vincolata al Palazzo Ducale, qui ho vissuto gli ultimi anni della mia vita, e non posso allontanarmene. Quanto all’uscire nel cortile, non oso, soprattutto adesso, in piena luce.

Mentre lei si allontana so che in qualche modo mi ha percepita, così come più tardi, quando cala la notte, posso rivederla nella sua stanzetta d’albergo. È tesa, fatica a dormire, è convinta che ci sia qualcuno con lei, qualcuno che non può vedere.

Non voglio perseguitarla e dunque la lascio riposare: fuori è buio e i fari illuminano in pieno il palazzo, ed io mi affaccio a una delle finestre, favorita dalla notte. Se qualcuno guardasse direttamente qui forse mi vedrebbe… o forse no, crederebbe che i suoi occhi lo abbiano ingannato, si illuderebbe che sono solo un’ombra.

Sento il rombo delle auto e aggrotto la fronte. Soltanto dopo mi torna in mente: io sono ancora Lucrezia Borgia, e sono ancora a Ferrara, ma non siamo nel 1500, adesso è il 2018 ed io vago ancora per le stanze del Palazzo Ducale, anima in pena che forse non troverà mai pace.