Racconto di  Enrico Strappetti

(Quarta pubblicazione)

 

 

Monica tiene la corsia di destra, le braccia tese sul volante. Deve ricordarsi lo svincolo per il centro commerciale, poco prima dell’aeroporto. L’ultima volta si è sbagliata ed è stata costretta a un paio di inversioni. Uno scherzetto che le ha fatto perdere una quarantina di minuti. Claudio guarda fuori dal finestrino senza una meta precisa, masticando una gomma. In settimana la Station Wagon l’ha presa lui, e l’unica cosa che è stato capace di fare è comprare un alberello che ora staziona sullo specchietto e di tanto in tanto ondeggia, coprendole la visuale. Per il resto è rimasta a secco, chiazzata di fango. Perciò oggi viaggeranno con la macchina sporca, e se lui non si deciderà a tirar fuori venti euro, resteranno senza benzina sulla Roma-Fiumicino. È preoccupata più del solito, per via del muro condominiale che è crollato venerdì notte, nel bel mezzo del temporale, e per tutto quello che sarà costretta a sborsare. Durante le riunioni si era impuntata più di una volta, sul fatto che prima o poi sarebbe venuto giù, ed era arrivato il momento di metterlo in sicurezza, ma i vicini avevano nicchiato. Alla fine era stata svegliata in piena notte da un boato, si era precipitata giù dal letto, ed era corsa alla finestra. Al posto del tramezzo c’era un cratere scuro, scavato nella roccia, pieno di fenditure. L’indomani gli operai avevano messo la terra e i calcinacci dentro dei sacchi neri e puntellato la parete nuda con delle travi.

Arrivano a mezzogiorno, e di domenica sarà un miracolo se riusciranno a trovare un buco.

«Quella sta uscendo», grida Claudio, balzando sul sedile. Aspetta, scendo e ti reggo il posto.» Una vecchietta sta facendo manovra. Armeggia col volante come fosse il timone di un bastimento. Alla fine riesce a uscire, e Monica infila la Station Wagon, con Claudio che gesticola e si atteggia a vigile urbano.

Al ritorno Claudio insiste per guidare. Fino ad ora Monica non lo ha permesso a nessuno. Per questo un suo amico la sta ancora prendendo in giro:

«Allora è vero quello che si dice in giro. Stavolta sei proprio cotta».

Tutti e due fumano in macchina, questo è vero, ma l’unica che ogni tanto si preoccupa di svuotare il posacenere è lei. Così alza il coperchietto, giusto per curiosità, poi lo solleva e lo mostra a Claudio, stracolmo di cicche, agitandolo come una prova di colpevolezza.

«Be?» Fa lui senza scomporsi, dandosi qualche colpetto sulla spallina con il dorso della mano. È una giacca di tweed verde che lei gli ha regalato, e sa quanto le piace quando la indossa.

«Non lo svuoti mai…» digrigna, ma poi non può far altro che rinfilarlo nell’incavo. Dopo una decina di minuti Claudio si accorge della benzina.

«Siamo a secco, cacchio» dice «se non era per me restavamo per strada. Fortuna che adesso c’è l’autogrill.» Si fruga nei pantaloni, e nella giacca.

«Ho scordato il portafoglio, ti dispiace…?» chiede, rallentando di colpo, svoltando senza mettere la freccia. Dalla corsia opposta partono una serie di colpi di clacson. Monica si gira. Un camionista ha abbassato il finestrino, tirato fuori il braccio, e ora sventola il dito medio, e a lei non le va di condividerlo, visto che per giunta dovrà rimetterci.

«Pure!» Grugnisce, allungando un braccio nel sedile di dietro, in cerca della borsa. «Dai… facciamo con la carta» dice, ombrosa, arrivati alla piazzola.

«Ma guarda che te li ridò», cerca di giustificarsi Claudio.

«Come no…».

Sono al terzo giro di isolato a caccia di un parcheggio. Il telefono di Monica vibra. Lo porta all’orecchio e parlotta un po’. Poi lo porge a Claudio.

«Chi è?»

«L’amministratore».

Claudio strabuzza gli occhi «E che vuole, di domenica?»

«Non ne ho idea» risponde Monica, ma lo tiene così, fino a che lui non si decide a prenderlo e a cominciare la conversazione, tenendolo in equilibrio tra la spalla e il mento. Poi Monica fissa l’arbremagique che ballonzola. Lo strappa e lo lancia dal finestrino, guardandolo dallo specchietto rimbalzare a terra e perdersi per strada.