Racconto di Antonella Parisi

(seconda pubblicazione – 3 gennaio 2021)

 

 

È domenica, il primo giorno di novembre, l’aria è umida, una pioggerellina fine bagna le foglie ingiallite, ma non rinuncio alla consueta passeggiata. Quello per me è un giorno speciale, mi riporta indietro fino al periodo del Liceo, alla mia città in Calabria, all’ amica Elena. E’ il giorno del suo compleanno e come faccio ormai da tempo, non potendoci vedere, ci sentiamo per una lunga chiacchierata. Io ed Elena eravamo diventate grandi insieme. La prima volta che l’ho conosciuta avevo quattordici anni. Andavo a trovarla quasi tutti i giorni, dopo aver finito i compiti. Ricordo bene che mi accoglievano a braccia aperte la mamma e la nonna come fossi una di famiglia. Era l’ora della merenda e c’era sempre qualche prelibatezza a tentare la mia golosità. Elena si era trasferita con i suoi in Calabria, dopo alterne e dolorose vicende familiari ma si era inserita subito nel gruppo classe. Avevamo legato sin dal primo momento, come se ci conoscessimo da sempre. Caratterialmente lei era allegra, propositiva, la sua risata era inconfondibile, mentre io ero timida, riservata, piuttosto introversa. Elena era la terza di quattro figli, molto uniti, soprattutto dopo la morte del papà, era il loro modo di volersi bene esclusivo, assoluto. I suoi fratelli più grandi, spesso ci portavano con loro, per consentirci di rincasare più tardi la sera. Mentre passeggio, le strade sono quasi deserte, e i miei pensieri corrono tanto velocemente che i ricordi si affollano nella mente, senza riuscire talvolta a metterli in ordine, confondendo particolari e situazioni. Avevamo in comune il piacere di condividere tutto, sia gli impegni di studio che i momenti di svago. Posso affermare con certezza che trascorrevo gran parte del tempo libero più con lei che con le mie sorelle. Quando c’era da festeggiare nella sua famiglia, sia che si trattasse di un compleanno, di una nascita o di un matrimonio, ero sempre invitata, come era stato per il matrimonio di suo fratello maggiore, in provincia di Potenza. Rimasi affascinata da quei luoghi, che vedevo per la prima volta, non solo per la bellezza dei paesaggi, quanto per la ospitalità della gente, generosa di slanci affettuosi. Mi comportavo con Elena come fosse mia sorella, ma ancora non sapevo che presto ci saremmo separate. Finiti gli anni del liceo, infatti, i nostri destini presero strade diverse: io avrei seguito mia sorella maggiore a Roma, Elena avrebbe iniziato l’università a Bari, tutte e due per studiare Giurisprudenza. Non ero pronta all’idea di separarmi da lei, eppure mi rassegnai presto. In quegli anni le decisioni dei genitori si accettavano senza discutere. I nostri studi procedevano regolarmente, riuscivamo a vederci durante le vacanze scolastiche, quando tornavamo a casa. Passavamo in rassegna tutte le novità senza tralasciare alcun particolare: nuovi incontri, primi innamoramenti, esami sostenuti e via dicendo. Ancora non eravamo consapevoli che stavamo vivendo la nostra età migliore. Affrontavamo tutto con l’ottimismo proprio dei nostri giovani anni, facendo grandiosi progetti per il futuro, intrisi dei nostri convinti ideali. Avevamo deciso di sposarci quasi contemporaneamente, io in settembre, lei appena qualche mese dopo. Nonostante Elena fosse presa dai preparativi, le chiesi di farmi da testimone di nozze e non poteva essere altrimenti, lei era l’amica speciale, quella di sempre, che ancora oggi, che non siamo più vicine so che per me c’è sempre e sempre ci sarà. Naturalmente Elena fu orgogliosa di accettare. Avevo scelto di festeggiare il mio matrimonio vicino Roma, perché mi consentiva una organizzazione più semplice in breve tempo. Elena avrebbe dovuto occuparsi anche di acconciarmi i capelli e truccarmi, lei era capace di farlo bene ed avevamo fatto diverse prove. La cerimonia si svolse senza problemi, così come il pranzo ed il ritorno a casa degli ospiti. Il giorno seguente io e mio marito partimmo per il viaggio previsto, al termine del quale saremmo tornati dai miei a salutare amici e parenti, prima del mio definitivo trasferimento in Puglia. Era giunto il momento del distacco da Elena, questa volta un distacco importante, definitivo. Il giorno della partenza la salutai come facevano i soldati quando partivano per il fronte: un lungo, triste, struggente abbraccio misto al pianto, con la promessa di sentirci sempre. Mentre immagini e ricordi riemergono dal passato, ho terminato la mia passeggiata e sono quasi giunta sull’uscio di casa. Forse per la prima volta sono consapevole che, andando avanti con gli anni, mi sembra insopportabile la lontananza dalla mia Calabria, dagli affetti, da Elena. Mi rendo conto invecchiando che la nostra amicizia, anche dopo cinquant’anni è rimasta solida, incondizionata, profonda, nonostante il tempo e la distanza avessero giocato a nostro sfavore. A questo punto, controllo l’ora, per evitare che sia un momento poco opportuno, e decido di farle la consueta telefonata di auguri. Elena non appena mi sente esclama: – ciao amica mia, ti stavo aspettando-. Io appena ascolto la sua voce, ritrovo il sorriso e le parole vanno via come fiume in piena.