Racconto di Margherita Bonfilio

(Prima pubblicazione)

 

 

Betty da giorni era tormentata da dubbi e sensi di colpa. Paul era un bell’uomo appena brizzolato, alto, atletico e dinamico. Lo aveva conosciuto ad un congresso a Parigi. Entrambi impegnati nella ricerca medica, entrambi sulla trentina, liberi da legami affettivi, provati dalla vita e desiderosi di godersi giornate serene viaggiando e curiosando per il mondo. Lei viveva da qualche anno in Francia e da un anno si era stabilita nella affascinante Parigi. Di madre francese e padre italiano aveva trascorso la sua adolescenza a Torino, poi aveva seguito sua madre a Nizza, studiato biomedica a Marsiglia e deciso poi di volare nella bella Parigi. Aveva trovato lavoro abbastanza facilmente. Condivideva l’appartamento, non lontano da Montmartre, con due studentesse di poco più giovani di lei. Da poco Betty si era presa un cane e presto il cucciolo Bob era divenuto la mascotte di tutto l’appartamento e ogni giorno facevano a gara per portarlo a spasso.

Conosceva Paul esattamente da 13 mesi e 13 giorni.

Ricordava con gioia il loro primo incontro, a dire il vero scontro, alla fine del convegno. Lei occhi verdi e capelli ramati, traballante sui tacchi delle scarpe di vernice nera, con tanti fogli in mano, la borsa a tracolla, il cellulare in bilico tra i fogli e la tasca del cappotto ed una gran fretta.

Aveva un appuntamento con Mariclare e non voleva fare tardi, così non aveva visto Paul che con la valigetta 24 ore ed il passo lesto si affrettava verso l’uscita. Lo scontro era stato inevitabile. I fogli sparsi per terra, le scuse farfugliate, un sorriso timido da parte di entrambi e poi lo sguardo magnetico che subito li aveva catturati. Si erano rivisti il giorno dopo. Era domenica, l’aria era tiepida e il convegno era finito giusto prima dell’orario del pranzo. Era bastata un’occhiata tra loro per capire che entrambi preferivano defilarsi dal brunch offerto dall’hotel ospitante per fare una passeggiata lungo la Senna sbocconcellando una mini baguette croccante al prosciutto. Era cominciato tutto lì con grande naturalezza. E poi?

Poi avevano iniziato a frequentarsi sebbene avessero caratteri diversi ed abitassero ad una certa distanza, ma grazie agli aerei era sempre stato facile ritrovarsi. Lui a Londra, lei a Parigi, chilometri da colmare, sogni da cullare. E così era stato fino alla notte scorsa, poi la notizia che era arrivata come una doccia fredda, quella che le aveva fatto perdere l’equilibrio e l’aveva condotta in quella piazza insieme al suo cagnolino Bob, compagno fedele e instancabile. Si era fermata e, inginocchiata, si era lasciata andare a qualche dolce carezza al cane, con la mente persa in mille pensieri, con gli occhi velati di lacrime, mentre uno in particolare si faceva sempre più strada.

Era ora di prendere una decisione e niente l’avrebbe fermata, ne era certa!

Guardò l’ora sul cellulare e quasi sobbalzò. Era tardissimo, quasi mezzanotte. Velocemente fece ritorno a casa, ancora immersa nei propri pensieri. Cercò di dormire quella notte, ma le fu quasi impossibile. Cosa rispondere a Paul che le chiedeva di lasciare tutto, il suo lavoro, i suoi amici, la sua vita, per seguirlo a New York? Una grande opportunità di carriera per il suo ragazzo, su questo non c’era dubbio, ma di lei cosa ne sarebbe stato?

Stava pensando di parlargli a cuore aperto, di spiegargli le proprie ragioni, ma aveva paura di perderlo. Paul era così, prendere o lasciare! Ma lei, Betty, cosa voleva dalla vita? Solo l’amore le sarebbe bastato? Sarebbe riuscita a trovare lavoro e ricostruire il proprio futuro?

D’altra parte non era nemmeno giusto impedire a Paul di fare questo passo, che di sicuro, gli avrebbe garantito una crescita professionale non indifferente. Sarebbe entrato a lavorare in una grande azienda farmaceutica impegnata nella ricerca di nuovi vaccini. Il team di lavoro con cui aveva preso contatto gli era sembrato dinamico e creativo. Una grande occasione!

Piano piano fu sopraffatta dal sonno, un sonno agitato con sogni confusi e tormentati, proprio come si sentiva lei. Al risveglio, avvenuto solo grazie al suono della sveglia, si sentì tutte le ossa rotte come se le fosse passato sopra un tir…

Ah, già! Paul e la proposta di lavoro… Dio santo, cosa fare? A piedi nudi si avviò verso la cucina e nel corridoio si scontrò con Cecilia, la sua inquilina.

<<Buongiornooooo! Come stai? Sembri una sonnambula Betty, che ti succede?>>

<<Niente, è solo un po’ di stanchezza>>. Prese un bicchiere di latte dal frigo e a passi stanchi si incamminò verso il bagno. Quello che ci voleva adesso era solo una bella doccia.

<<Cecilia faccio in un attimo e ti lascio il bagno libero!>> E già abbassava la maniglia della porta, il bicchiere vuoto sul lavandino, pronta a sentire il getto caldo e freddo dell’acqua sulla pelle. Aveva bisogno di una scrollata e non c’era tempo da perdere.

<<Ehi, hai finito? >> ecco che anche Carole si era svegliata e reclamava la risorsa bagno!

Al mattino era sempre così. Quando avrebbe avuto una casa tutta sua dove essere la regina?

Si sedette sul letto asciugando velocemente i capelli e fantasticando un po’ su una possibile vita a New York. Grattacieli, parchi, strade affollate, uffici spaziosi, hamburger e patatine sui tavoli…

Niente amici, niente lavoro, una lingua diversa, usanze nuove. Aveva davvero voglia di dare una svolta alla sua vita? Magari sarebbe stata una bella occasione anche per lei, chissà!

Quanti dubbi, quante domande. L’unica era prendere tempo e ponderare la risposta. Lei non era mai stata una ragazza avventata e non lo sarebbe stata nemmeno stavolta!

Si vestì in fretta scegliendo un abbigliamento dai colori decisi e determinati, così come avrebbe voluto essere in quel momento. Afferrò la borsa e di buon passo si avviò verso l’uscita.

Il bip del cellulare la costrinse a rallentare la corsa verso l’autobus. Era Paul. Le augurava il buongiorno con una tazzina di caffè fumante ed un cuore rosso. Sorrise, ma il cuore fece un tonfo. Aspettò per rispondergli, voleva essere seduta e più calma. Una volta raggiunto il suo ufficio fu sopraffatta dagli impegni e il cellulare restò muto e abbandonato in borsa fino ad ora di pranzo. Se ne ricordò durante la pausa e allora mentre consumava un’insalata colorata e sfiziosa pensò di rispondere a Paul. Era meglio rimandare alla sera un eventuale discorso impegnativo, adesso bastava un messaggio spiritoso, tanto per temporeggiare. Ebbe il tempo di fare due chiacchiere con la sua collega Marie, cercò di fare chiarezza nel suo cuore, ma non ci riuscì del tutto. Continuava a rimuginare sui suoi pensieri anche quando a passi lenti tornava a sedersi alla scrivania, prima di tornare in laboratorio.

Meglio essere sinceri con Paul. Forse avrebbe potuto iniziare ad andare lui a New York, lei lo avrebbe raggiunto durante le vacanze estive. Parlare con la sua collega tutto sommato le aveva fatto bene, ora si sentiva meglio. Avrebbe visto a cena il suo ragazzo, lui sarebbe passato a prenderla in ufficio ed insieme avrebbero raggiunto un ristorantino abbastanza intimo nella zona di Montmartre. Poi sicuramente avrebbero terminato la serata a casa di lui. Infatti la mattina aveva infilato in tutta furia anche un cambio nella borsa. Le ore trascorsero velocemente. In bagno prima di uscire dall’ufficio si diede una rinfrescata al trucco ed una spazzolata ai capelli, una spruzzata di profumo, una smorfia davanti allo specchio e fu subito pronta.

Paul non vedeva l’ora di abbracciare Betty e di raccontarle le novità. Era al settimo cielo. Finalmente avrebbe compiuto quel passo in avanti che gli avrebbe permesso di fare carriera. Aveva intenzione di fermarsi a New York solo il tempo necessario per decollare, niente di più.  E voleva farlo insieme alla sua ragazza. Sapeva di chiederle molto, forse troppo, ma sperava che lei potesse capire, comprendere, accettare con entusiasmo. Da quando gli avevano comunicato questa proposta, la sera avanti, non aveva fatto altro che fantasticare, progettare, immaginare. Si sentiva euforico e gratificato, finalmente poteva tornare a casa e dimostrare a suo padre che aveva fatto la scelta giusta quando aveva detto “No” alla Laurea in Giurisprudenza per intraprendere gli studi di Ingegneria biomedica, contro il parere della famiglia. Quanto aveva sofferto in quella discussione durata anni con suo padre, avvocato di grido a Napoli, con uno studio avviato e molto prestigioso! A ripensarci ora gli venivano ancora i brividi. Con un sobbalzo si rese conto che stava arrivando all’ufficio di Betty, quasi lo stava superando. Gli succedeva sempre così quando era sovrappensiero.

Betty era lì, sotto al portone che lo aspettava da pochi minuti. Le mani sudate, la borsa a tracolla e un po’ di ansia addosso. Non appena vide l’auto di Paul svoltare l’angolo gli fece un cenno con la mano sorridendo appena. Ma perché mai era così agitata? Paul avrebbe capito, si sarebbero abbracciati e lui tra poco più di un mese sarebbe partito per New York, in avanscoperta. Nulla da temere. E invece temeva che qualcosa potesse incrinarsi fra loro, che le loro certezze potessero vacillare e il loro rapporto potesse subire un’incrinatura se non proprio una frattura.

<< Ehilà, Paul! Eccomi>>

<< Ciao tesoro, come sei pallida! Che c’è, non ti senti bene?>>

<<No, tutto Ok!>>, ma la voce le tremava appena un po’ mentre lo rassicurava. Prese fiato, un respiro lungo e profondo, poi lo abbracciò.

Il locale che Paul aveva scelto era molto accogliente, il tavolo appartato e ben apparecchiato. L’atmosfera calda e molto intima. Betty si sentì come in un caldo abbraccio e dopo i soliti convenevoli, una volta ordinate al cameriere le specialità del Ristorante, entrarono nel vivo del discorso. Paul moriva dalla voglia di trasmetterle attraverso il racconto tutto l’entusiasmo incontenibile che gli apparteneva, coinvolgendola nei progetti e fantasticando al plurale sul prossimo futuro.

Stava dando per scontato che Betty fosse d’accordo. Non pensò di rivolgerle la domanda che la ragazza attendeva con una certa angoscia.

<<Betty, tu verrai con me, vero?>> disse distrattamente Paul, lasciandola confusa e anche un po’ delusa. Che avrebbe dovuto dire adesso? Come faceva a tirare fuori i suoi interrogativi e i suoi dubbi?

Poi però le venne in mente sua nonna, così saggia e determinata, e allora alzando il capo e raddrizzando le spalle, spiegò con voce calma e ferma il suo pensiero. Lo fece mantenendo lo sguardo fisso davanti a sé, scrutando gli occhi di Paul, pronta ad intercettare ogni minima reazione. Lo vide afflosciarsi sulla sedia, perdere la grinta e l’energia di poco prima. Il sorriso si era spento sulle labbra ancora umide dell’ottimo vino rosso che accompagnava il piatto che troneggiava sul tavolo, le mani erano scivolate lungo i fianchi, la forchetta lasciata sulla tovaglia. L’uomo non provò neppure ad interromperla. La decisione e la fermezza di lei lo avevano sorpreso tanto che non seppe che ribattere. Si guardarono con una certa tenerezza, poi ripresero a mangiare lentamente. In silenzio.

Il silenzio divenne a poco a poco rumoroso come il suono di una tromba sfiatata, le pareti parvero accartocciarsi su se stesse, la luce sembrò troppo fioca per celebrare un evento che doveva essere semplicemente fantastico.

Paul non aveva voglia di iniziare la sua nuova vita da solo, aveva immaginato di avere a fianco Betty fin dal primo momento, ma forse aveva esagerato nello sperare questo. Comunque non era il caso di rovinare la gioia della conquista proprio adesso. Alzò il calice e propose un brindisi augurale. Avevano ancora tutta la serata davanti allora, magari le cose si potevano aggiustare senza ledere la libertà di ognuno di loro.

Si cercarono con lo sguardo e timidamente intrecciarono le loro mani attraverso il tavolo. Intanto era arrivato il dessert. Certamente non potevano lasciarlo deperire nel piatto, così lo gustarono, con lentezza e soddisfazione addolcendo i pensieri e rischiarando le menti.

Una volta giunti nell’appartamento di Paul ripresero da dove avevano interrotto, si spiegarono, si spogliarono dei propri dubbi e delle proprie angosce e provarono la gioia dell’incontro. L’incontro di due posizioni diverse dettate da esigenze diverse che volevano trovare un luogo comune dove esprimersi.

La notte fu lunga e movimentata. Non mancarono le lacrime e neanche le risate. Alla fine si presero in giro ridimensionando le proprie paure.

Fu bello ritrovarsi al mattino teneramente abbracciati e con l’animo sereno di chi ha trovato, grazie al forte sentimento che li lega, un punto d’incontro.

Paul sarebbe partito da solo subito. La primavera era ancora all’inizio e gli alberi scoprivano le prime gemme, sarebbe stato un periodo di solitudine per entrambi. Necessario per fare chiarezza, ma anche per organizzarsi. Betty avrebbe provato a chiedere un periodo di aspettativa all’azienda dove lavorava ormai da tre anni lasciando ai suoi superiori il tempo di trovare una sostituta, magari per sei mesi o al massimo un anno. Paul invece avrebbe cercato una sistemazione per entrambi e si sarebbe impegnato a cercare una possibile occupazione temporanea anche per Betty. Lei lo avrebbe raggiunto a cose fatte. Nell’estate o al massimo in autunno. Il loro sentimento avrebbe avuto modo di rafforzarsi e loro avrebbero capito meglio ciò che volevano davvero dalla vita. Occasioni del genere non vanno sprecate, le difficoltà vanno affrontate e le risposte cercate. Prima di tutto in se stessi. Lo avevano capito in quella lunga notte, superando insieme i momenti di inevitabile ansia che ne erano scaturiti. Erano giovani e la vita alla loro età andava presa a morsi, senza paura di ferirsi o di vacillare.

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